PREMESSA IMPORTANTE!
Questa non sarà un’analisi politica o una disamina sociologica sul perché il referendum sia andato male. Saranno solo mie considerazioni personali per esperienza diretta!
Come la maggior parte di voi sicuramente già sa, il referendum proposto sulla questione giustizia, è stato un vero e proprio fallimento: è stato raggiunto solo il 20,9% delle votazioni effettuate, rispetto al 50% + 1 necessarie per validare il referendum stesso.
L’astensionismo nei paesi occidentali fa parte del gioco politico, se ricordo bene, sin dalla fine della seconda guerra mondiale, ma raramente si sono raggiunti livelli così bassi.
Al solito, ora, ci sono pletore di analisti intenti a raccontarci il perché, ed il percome, di questo fallimento, ma sono le ragioni che riportano per ogni singolo referendum: fanno poca fatica a riportare le loro analisi, visto che son sempre le stesse, circa un copia&incolla dall’analisi fatta per il referendum precedente. Ogni santa volta.
È vero che la disaffezione alla politica, nel nostro paese, di votazione in votazione, è andata peggiorando, ma il referendum non riguardava una questione politica, ma il poter chiedere delle modifiche, su argomenti ben precisi inerenti la giustizia italiana.
Sinceramente, sino al momento di votare, mi aspettavo una presenza ben più alta di votanti; ho detto sino al momento di votare perché dopo aver votato, ho avuto ben chiaro che il referendum sarebbe andato a vuoto. Perché? Beh adesso ve lo spiego.
Primo
Innanzi tutto il modo in cui è stata presentata la questione nei seggi: appena entrato in sezione, consegnato il documento ed il cellulare —non parliamo delle solite occhiatacce al momento del cellulare— mi pongono una domanda, che davvero mi ha colto impreparato; “Vuole votare per le amministrative, per il referendum o per entrambe?”
Mi sono cadute le braccia, a parte aver risposto entrambe, ma che diamine di discorso è questo? Vai a votare? Vuoi esercitare il tuo diritto di voto? Lo fai per tutto quello che c’è da votare, non per questo o quello!
Chiaro, poi, se lo chiedi tenendo in una mano una sola scheda, e nell’altra un pacchetto di sei, mi pare, l’avventore si guarderà bene dal rispondere entrambe!
Mi sono persino domandato, al momento, se quella domanda posta in un seggio, fosse legale, o meno; cosa di cui ancora non sono certo.
In ogni caso, a mio parere quello è stato il primo dei motivi.
Secondo
Per chi ha comunque voluto votare, è stato lampante che ai questi era praticamente impossibile rispondere a tono, leggendo il testo del quesito. La maggior parte del testo era in legalese, lingua ignota ai più, indipendentemente dall’età.
Prendete ad esempio il facsimile riportato nell’immagine di apertura dell’articolo. Il titolo, e dico titolo che dovrebbe essere la parte più chiara, in quanto la domanda vera e propria, riporta:
Limitazione delle misure cautelari; abrogazione dell’ultimo inciso dell’art. 274 comma 1, lettera c), codice di procedura penale in materia di misure cautelari e, segnatamente, di esigenze cautelari nel processo penale.
Dico, ma scherziamo?
Non parliamo poi dell’approfondimento della scheda nel box centrale che dovrebbe rendere più approfondito il chiarimento sul quesito:
Volete voi che sia abrogato il decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447 (Approvazione del codice di procedura penale) risultante dalle modificazioni e integrazioni successivamente apportate, limitatamente alla seguente parte: art 274, comma 1, lettera c), limitatamente alle parole “o della stesa specie o di quello per cui si procede. Se il pericolo riguarda la commissione di delitti della stessa specie di quello per cui si procede, le misure di custodia cautelare sono disposte soltanto se trattasi di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a quattro anni, ovvero, in caso di custodia cautelare in carcere, di delitti per i quali è prevista la pena della reclusione non inferiore nel massimo a cinque anni nonché per il delitto di finanziamento illecito dei partiti di cui all’art. 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195 e successive modificazioni.”?
Secondo voi una cosa del genere ha qualche senso per chi non sia un avvocato penalista, o un professore di diritto penale? Ed ho dubbi anche per loro, in quanto avrebbero dovuto portarsi, quanto meno, in cabina il codice penale per leggere in toto i riferimenti, accodati uno all’altro, come spesso capita in legalese.
Facendo poi riferimento ad un paragrafo ben preciso dello specificato comma c). Un periodo che letto così, fuori dal contesto dell’intera legge, non riesco a capire cosa dovrebbe dirmi!
È un po’ come se vi dicessero “Lento, auto, troppo, treno, in” invece di dirvi l’intera frase: “Domani vado a Bologna in auto: il treno è troppo lento”. Come diamine dovreste capire che sta dicendo, dalle sole parole dette, quelle in grassetto, al posto della frase intera, quella in corsivo?
Siamo seri: domande così poste, sono fatte per essere, al massimo, commentate con la matita elettorale con qualcosa del tipo: “riscrivilo in modo che riesca a capire cosa mi stai domandando, e magari so cosa rispondere!"
Di certo, chiunque abbia letto i quesiti referendari, prima di andare in sezione a votare, aveva solo due alternative:
non votare;
trovarsi una persona, che fosse un avvocato, che avesse la pazienza, e la volontà, di scartabellare tutti gli articoli in riferimento; ricostruire partendo dalla coda —si, si: è così che si fa con le leggi italiane visto i continui riferimenti nelle leggi ad altre leggi, articoli e commi— cosa diamine stesse davvero domandando, agli elettori, chi ha proposto il quesito referendario.
Ed ovviamente, se sarà andato comunque a votare, avrà risposto, alla prima domanda fatta dagli scrutatori: “Solo amministrative, grazie”.
Ci sarebbe stata un’altra possibilità, ma davvero ridicola: fidarsi del tuo politico di fiducia —affermazione che di per sé è già un controsenso— e segnare SI, oppure NO, in base a quello che i propri referenti politici chiedevano, ossia: ”Ascolta me caro: ti fidi di me? Allora metti la croce su tutti i SI (o NO a seconda del politico ovviamente)”. Ripeto questa opzione non l’ho messa nell’elenco perché, almeno io, non lo farei mai!
Terzo
Il terzo punto, a mio avviso, è legato al secondo: mancando un’informazione pubblica approfondita sui quesiti referendari, va da sé che la gente non li vota!
Oppure, oppure —a pensare male, di solito ci si prende, diceva qualcuno— l’informazione pubblica è stata volutamente non data, proprio per mettere in difficoltà chi avesse voluto partecipare al referendum stesso. Chiaramente la mia è una ipotesi, perché altrimenti, davvero, non mi spiego perché abbiano scritto i quesiti in questo modo totalmente incomprensibili ai più.
Trovate la mia ipotesi un tantino estrema? La troverei estrema pure io, se non fosse che viviamo in Italia: paese in cui un di maio, un salvini ed una meloni, fanno i politici e, cosa più grave, hanno chi li vota; per non parlare di un condannato in via definitiva come berlusconi sia un capo di coalizione e di partito! Tanti altri ce ne sarebbero da mettere in lista, a partire da renzi e continuando con grillo ma non proseguo ad elencare, altrimenti l’intero articolo sarebbe solo una lunga lista!
Concludendo
Si poteva fare in altro modo? Certo. Si è voluto fare in questo modo? Si. Risultato? Spreco inutile, di soldi del contribuente: avete idea dei costi solo per stampare tutte le schede referendarie mai usate? Ed il costo di tutto il personale, intendo in ore lavoro, coinvolto nella preparazione, stesura e messa in pratica del referendum, di per se?
Voglio cercare, in un futuro piuttosto prossimo e se mai li troverò, i dati in soldoni di quanto ci è costato questo referendum; anche più in generale, quanto costa in media organizzare le votazioni per un referendum in senso più lato. Prevedete che ci riuscirò? Come cittadino qualunque, sono convinto di no. Se qualcuno di voi sa darmi una dritta, sul dove trovare questi dati, ben venga il vostro aiuto!
Vi farò sapere come è andata la mia ricerca…
J.C.